martedì 19 ottobre 2010

Rette Parallele

Ognuno di noi percepisce il mondo e la realtà diversamente dagli altri, per una mera questione di età,  per credenze religiose, cultura o semplicemente personalità. Trovo questo aspetto particolarmente importante nella vita e sempre, nella mia "opera" di scrittrice a tempo perso, mi sono divertita nell'esplorare le diverse visioni del mondo, fino ad arrivare a questo racconto. Ognuno dei personaggi vede il mondo e, in particolare, il Professor Lidenbrock (protagonista del romanzo Viaggio al centro della Terra) in modo diverso. Nessuno di loro lo conosce e per la durata del racconto nemmeno noi lo conosciamo, se non per come ce lo descrivono la piccola Adele, il giovane Hidelbert o la tenera Adelaide. Le loro vite sono come rette parallele, non si incontrano mai, ma coesistono tutte sullo stesso piano.





Quando quel pomeriggio era uscita di casa, quasi trascinata dalle mani nodose della sua vecchia governante, Adele non avrebbe mai immaginato che la giornata potesse risultare piacevole.
Non voleva assolutamente andare al parco, quella grande distesa verde in pieno centro ad Amburgo, non voleva trovarsi  in mezzo ad  altri bambini che la guardavano e le chiedevano di giocare.
Lei non voleva mai giocare, voleva rimanere a casa in compagnia della sua bambola e del suo servizio da tè in miniatura.
Tuttavia adesso, seduta all'ombra di un albero gigantesco, tutta sola a guardare le anatre e le oche rincorrersi nel laghetto artificiale, pensava che forse non era poi tanto male il parco.
E poi c'era quello strano signore.
Lo guardava fare avanti e indietro da un'ora; batteva spesso il pugno sulla mano, gesticolando e parlando da solo. Camminava con degli enormi passi, senza quasi piegare quelle sue lunghe gambe magre, passandosi spesso la mano sotto il cappello.
Lo osservava con attenzione, quasi a volerne cogliere le parole ancora prima che queste si affacciassero all'esterno, voleva leggerne la mente per capire come mai un grande stesse parlando con il vento.
Sua madre le diceva sempre che solo i matti parlano da soli. Glie lo ripeteva con sguardo severo quando la sentiva giocare da sola con le sue bambole, allora entrava nella sua stanza e glie lo diceva:
< Non parlare con le bambole, Adele, solo i matti parlando da soli! >
Adele la guardava uscire pensando che parlare con le bambole e parlare da soli erano due cose ben diverse, ma non aveva mai avuto il coraggio di dirlo ad alta voce.
Si era così convinta di essere matta, ma in fin dei conti, non le dispiaceva esserlo, almeno così la lasciavano in pace.
Però, osservandolo bene, quel signore sulla riva del lago non le sembrò proprio essere matto.
Dall'alto dei suoi sette anni, la piccola Adele si vantava di saper riconoscere una persona alla prima occhiata e quel signore lì, no, decisamente non era matto.
Un pò strano forse, forse non troppo intelligente, ma decisamente non matto.
Sapeva per certo che i matti urlavano e si strappavano i capelli e sapeva anche che quel signore parlava con un tono di voce normale, anche se gesticolava davvero molto.
Ma quello che la piccola Adele ignorava era che il professor Otto Lidenbrock era si strano, ma era molto intelligente, un vero genio...e probabilmente era completamente matto.
Ma Adele aveva solo sette anni e non poteva sapere che il signore che stava guardando parlare con il vento era in realtà un professore molto famoso, e non solo per le sue capacità scientifiche.
Tutto ciò che Adele sapeva era che guardarlo la metteva di buon umore e la divertiva. Sarebbe stato bello se si fosse avvicinato e le avesse presentato il suo amico vento, così che avrebbe potuto anche lei partecipare a quell'acceso e sicuramente interessante dibattito.
Forse avrebbe potuto presentarsi lei stessa, in fondo sembrava un signore tanto gentile! Certo, sua madre e la sua governante si sarebbero arrabbiate davvero tanto, ma la tentazione era irresistibile, voleva parlare anche lei col vento!
Si stava già togliendo i fili d'erba dal vestito nuovo quando Ingrid, la vecchia governante, le urlò di raggiungerla immediatamente.
Con un ultimo sguardo di rimpianto verso il suo incontro mancato, Adele le si avvicinò.
< Guarda cos'hai fatto! Hai sporcato il vestito nuovo! > la rimproverò la vecchia Ingrid.
Adele non ebbe il coraggio di dirle che quel vestito nuovo, proprio non le piaceva.


Hidelbert soffocò a malapena uno sbuffo. Fare buon viso a cattivo gioco era ormai la sua attività preferita, o almeno doveva assolutamente esserlo.
Come sopportare le chiacchiere ininterrotte di quell'arpia della sua fidanzata altrimenti? Senta, con quella sua voce stridula e le maniere da primadonna, non le era mai piaciuta, fin da quando, tre anni prima, erano stati presentati l'un l'altro dalle rispettive famiglie.
Il pensiero di dover condividere l'intera sua vita con quella donna lo metteva profondamente a disagio.
Non che non fosse bella, anzi, era dotata di grazia e bellezza tali da nascondere il suo insopportabile carattere. Tuttavia, non era nemmeno quello il vero problema, in fondo a volte risultava, a chi ancora non la conosceva, o a chi nutriva diverse ambizioni, addirittura di piacevole compagnia.
In un primo, troppo breve, istante, se ne era sentito persino attratto, aveva ammirato le linee sinuose del suo collo, le mani gentili e il sorriso timidamente accennato, con sincero interesse, ma non appena le aveva rivolto la parola l'incanto era sparito, lasciando il posto al disagio.
< Scienza! > aveva esclamato Senta con disgusto, non appena le ebbe confessato la sua passione per la chimica e la scienza in generale < Solo inutili facezie! > allora aveva dovuto imparare a fare buon viso a cattivo gioco.
Roteò gli occhi all'ennesimo commento della sua personale dannazione al nuovo cappellino della signora Krause e lo sguardo gli cadde sull'uomo che, sulla sponda dell'orribile laghetto artificiale del Parco di Amburgo, sembrava tenere una relazione alle anatre.
Il professor Lidenbrock era sempre stato per lui un esempio di sapienza, una specie di divinità da idolatrare ed imitare, almeno fino a quando non si era iscritto al suo corso di mineralogia. Dopo solo una lezione era arrivato alla conclusione che l'eccentrico professore era tutto ciò che lui non voleva essere. Scontroso, irrascibile, egoista e decisamente matto, insegnava senza alcun desiderio di trasmettere il proprio sapere, anzi, sembrava gioire delle inezie dei suoi studenti.
Aveva abbandonato il corso dopo appena tre lezioni.
Eppure vedendolo lì, nel parco, a quell'ora del pomeriggio, avrebbe dato qualsiasi cosa per essere come lui, libero di condividere la propria scienza con qualcuno, magari anche con le anatre.
Invece era condannato ad ascoltare il ciarlare della sua orribile fidanzata.
< Mi stai ascoltando caro? > la voce di Senta lo strappò alle sue fantasticherie, costringendolo a distogliere lo sguardo dal professor Lidenbrock.
< Certo >
Hidelbert sospirò di nuovo a riprese a guardare il sentiero.
Il giorno successivo si sarebbe di sicuro iscritto alle sue lezioni di mineralogia.


Adelaide non era più una ragazzina ormai da tempo. Aveva superato l'età in cui si arrossisce e si desidera, in cui il semplice pensiero della persona amata bastava a far perdere la ragione.
Ormai era una donna fatta, con un marito rispettabile e tre adorabili bambini.
Eppure Adelaide ogni mattina andava al parco, quel delizioso angolo verde nel bel mezzo della grigia Amburgo in cui ogni particolare sembrava sorridere al mondo, solo per poterlo vedere di sfuggita.
A dir la verità, lui non vi andava spesso, anzi vi andava poco, specialmente negli ultimi tempi. Tuttavia lei era sempre lì, ad aspettare che lui si facesse vivo.
Quel pomeriggio aveva avuto la netta sensazione che vi sarebbe andato, così aveva detto a suo marito che usciva a comperare della lana per finire il soprabito che stava cucendo per il compleanno di suo fratello.
Non appena in strada si era messa quasi a correre, urtando i passanti che le urlavano dietro, per la fretta di arrivare.
Si era seduta su una panchina e lo aveva aspettato per due ore, ma di lui non vi era traccia.
Infine si era alzata per incamminarsi verso casa. Non le importava di comperare la lana, per quello certo avrebbe trovato una scusa, magari che non ve n'era più, o che il negozio era chiuso.
Si fermò qualche minuto in riva al laghetto artificiale posto proprio nel bel mezzo del parco. Le piaceva gettare dei sassolini nell'acqua e vedere le anatre accorrere pensando che fossero pezzi di pane.
Si abbassò e raccolse una piccola pietra tonda, poco più grande dell'unghia del suo pollice, ma non la lanciò. Le anatre starnazzavano anche se lei non si era ancora mossa.
Seguì il movimento dei pennuti fino alla riva opposta, dove l'uomo che aveva aspettato incedeva ad ampi passi, per poi voltarsi e ripetere lo stesso percorso, accompagnando il movimento delle lunghe gambe con innumerevoli gesti delle mani.
Le parole che pronunciava arrivavano confuse anche alle orecchie di Adelaide che arrossì violentemente.
Com'era affascinante il professor Lidenbrock, con quel suo incedere maestoso, la fronte ampia e gli occhi penetranti! A volte immaginava di rimanere in intimità con lui, allora tremava e rideva di una risatina leggermente isterica.
Altre volte lo vedeva nell'atto di farle il baciamano, così, da rude e passionale, diventava dolce e premuroso, un vero galantuomo!
Oh, come avrebbe desiderato che quell'uomo fosse suo marito! Se solo si fossero conosciuti quando erano entrambi giovani, probabilmente si sarebbero sposati e lei sarebbe stata la moglie più felice di Amburgo e del mondo intero!
Ogni volta che scorgeva la sagoma del professore profilarsi nel parco dopo ore e ore di attesa, il suo corpo veniva scosso dai brividi e una voce nella sua testa le ordinava di avvicinarlo, di indurlo a presentarsi con una scusa qualsiasi.
Si, perchè Adelaide spiava un uomo che non aveva mai incontrato, lo delineava fin nei minimi dettagli, lo costruiva a immagine e somiglianza del suo uomo ideale.
Ogni volta camminava a testa alta quasi fino a lui, pronta a rovesciare qualcosa in terra o a inciampare fortuitamente per essere da lui presa.
Ma poi, quando arrivava il momento, Adelaide non faceva nulla e lo attraversava senza che il professore la degnasse di un'occhiata.
Ma Adelaide il giorno dopo tornava al parco.

Il professor Lidenbrock si fermò improvvisamente. Non aveva mai smesso, fino a quel momento, di ripetere ad alta voce brani di letture sulla filologia che aveva letto talmente tante volte da averli imparati a memoria; non aveva dato segno di accorgersi della gente che lo circondava, nè si era reso conto di non essere più nel suo studio di Konigstrasse, continuando a rivolgersi a suo nipote Axel, nonostante il ragazzo fosse ben lontano.
E improvvisamente si era fermato, così come improvvisamente cessa il temporale e il sole torna a illuminare la città, come se nulla fosse accaduto.
Fissò, senza realmente vedere nulla, un punto imprecisato del laghetto artificiale, le mani strette a pugno ma al contempo stranamente rilassate.
La sua mente, che aveva lavorato a ritmo febbrile fino a quel momento, tacque, rielaborando infine la conclusione a cui era giunta.
Otto Lidenbrock si sistemò meglio il cappello sul capo e prese la via di casa.





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